lunedì 4 novembre 2013

Scrittori a nudo. Lucio Freni e Matteo Deraco.


28Basement a Roma - 12 ottobre 2013


Qualche settimana fa sono stata invitata a un particolare reading. Si è trattato di uno di quei momenti belli in cui gli scrittori si mettono in gioco e condividono le esperienze, per supportarsi, per aiutarsi, per correre un rischio. Gli organizzatori erano “quelli” di Soliloquiamente (che hanno creatività da vendere) e l’occasione era quella di festeggiare, assieme a scrittori e lettori, il premio letterario vinto da “Selvaggia, i chiaroscuri di personalità” (Giovanni Garufi Bozza). Sette autori si sono alternati, in una sorta di staffetta a tempo, a leggere brani editi o inediti e si sono sottoposti al giudizio del pubblico e della giuria (di cui facevo parte). In palio c’erano interviste, recensioni, creazione di un audio book e altre cose interessanti. Insomma, iniziativa lodevole e ripetibile, visto anche il successo di pubblico.

Come madrina della manifestazione mi sono sentita investita di una grande responsabilità. Giudicare uno scrittore da scrittrice quale sono non è cosa semplice, ma per fortuna non ero da sola. Sono rimasta colpita dai racconti di due autori: Lucio Freni e Matteo Deraco. Entrambi, a mio avviso, avevano una caratteristica in comune: l’immediatezza. Mi direte: “Ma se a un racconto manca l’immediatezza che racconto è?”. Certo, ma chi mi conosce sa bene che io non mi soffermo semplicemente sulla storia (che deve essere accattivante, coerente, pregnante), perché per me una storia senza un linguaggio appropriato è come un corpo senza pelle, uno scheletro insomma.

Lucio Freni ci ha fatti entrare in un bar e ci ha fatto incontrare uno strano omino impiccione e saccente. “La bocca chiusa pare una ferita rimarginata male; un taglio sulla testa di un pupazzo di cartapesta.” [cit.]. In un dialogo surreale il protagonista e l’omino affrontano il tema della scrittura, della passione che anima lo scrittore e dell’ansia di emergere. “L’inchiostro è il sangue dello scrittore e ogni pagina ne è inzuppata.” [cit]. Uno scrittore deluso incontra sempre la propria anima a un certo punto del proprio percorso, e questo in genere avviene quando comincia a domandarsi se ne vale la pena, se è il caso di continuare a scrivere, se una stroncatura può davvero farlo desistere dal suo “bisogno” di comunicare scrivendo. L’argomento trattato è come un luogo già visitato, nel senso che ognuno di noi, almeno una volta nella sua carriera di scrittore, ha incontrato lo strano omino del bar. Ma Lucio Freni ce lo racconta come un thriller. Ci pennella la scena con tinte chiaroscuro, che pare di entrare sul set di un film in bianco e nero. Poi, piano piano, arriva il colore. Ecco, definirei il suo un linguaggio cinematografico, efficace e, appunto, immediato.

Matteo Deraco invece ci ha portati in esplorazione dell’anima. Esagerata! Direte. Il suo racconto “War was over” già dal titolo lascia intendere che una guerra c’è stata e che, per fortuna, è passata. Ogni giorno combattiamo battaglie, con noi stessi, col mondo che ci circonda, e proviamo a vincerle, ma non sempre è possibile altrimenti tutti gli altri, che fanno esattamente lo stesso, sarebbero eternamente perdenti.  La realtà è che le battaglie bisogna superarle, anche con le ossa rotte. Matteo ci ha raccontato questo passaggio nella consapevolezza  attraverso un racconto snello, una sorta di panoramica dialogica tra un passato reale e un futuro possibile con uno sguardo attento a un presente in divenire. “Che hai voluto dire?” vi domanderete. “L’amore va, sopra tutto e tutti, ed io non ce l’ho più.” [cit.] Il protagonista fa questa riflessione ricordando una storia ormai finita, mentre ne sta vivendo una nuova e felice. Il presente è raccontato con un dialogo fitto, diretto, è il cuore del racconto tutto raccolto nei minuti che precedono la cena della vigilia di Natale. È il momento in cui la storia si apre.  Poi la proiezione.“Ma tutto era ciclico e tutte le occasioni sarebbero ritornate, per essere vissute semplicemente in maniera diversa.” [cit.] Ecco qui il passaggio. Passato, presente, futuro. Con questi escamotage linguistici Matteo ci trasporta in un’altalena emozionale che non sarebbe stata altrettanto efficace se avesse utilizzato la narrazione enfatica o esclusivamente filmica. È un flash back, un flash e un flash forward. La scena di un film. Linguaggio immediato, appunto.

Questa iniziativa si ripeterà. Altri autori si “scontreranno” su un palco in una corrida letteraria, mettendosi a nudo perché, per uno scrittore, non è così semplice leggere ciò che ha scritto a un pubblico di lettori. Si sa, la lettura è un’esperienza individuale. Ma è bello scovare le emozioni di chi scrive così, in diretta, come se la storia si stesse scrivendo in quel momento, davanti ai nostri occhi. Un applauso agli organizzatori di questo contest che il 9 novembre replicherà a Roma, presso il locale SottoSopra (qui le indicazioni). Non mancate.

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