giovedì 23 agosto 2012

IL PROFUMO DEGLI SPAGHETTI AL POMODORO E BASILICO







Se dovessi dare un profumo, un sapore, un colore a questa estate, sarebbe quello degli spaghetti al pomodoro e basilico, con l’aglio e una punta di peperoncino. Il sughetto “sciuè sciuè” direbbe mia madre citando mio padre, e c’è proprio tutto in queste due paroline che non hanno alcun senso, ma mi appartengono, ci appartengono. Perché hanno il suono della leggerezza e dell’armonia, come una bella canzone, come una bella donna che “scamaccia” il pomodoro con le mani e lo lascia sfrigolare nel tegame e il profumo che pervade tutto intorno pare arrivi direttamente dal sole. Che semplicità! Che godimento! Un’estate lasciata libera di sentire, di lasciarsi andare, per recuperare un po’ di quella perduta spensieratezza affrancata dall’ansia del domani. Ho trascorso due mesi senza televisione, senza radio, senza giornali, volutamente, scientemente. Tanto il mondo me lo raccontava il web. Ma il quotidiano che mi ha accompagnata sapeva di buono, e c’è bisogno di un po’ di buono proprio adesso. “Ma tu hai la testa tra le nuvole, metti i piedi per terra che al rientro sennò ti farai male!” dirà qualcuno. Permettetemi di dissentire. Come posso raccontare ai miei figli la speranza e il coraggio, e la forza per andare avanti, per ricominciare, se io per prima mi lascio abbrutire dalla spirale della disperazione? Ho fatto il pieno quest’estate, di un carburante unico e prezioso che si chiama vita, perché ne ho vista tanta, l’ho toccata con mano, ne ho presa e ne ho data, e ho imparato. Non si smette mai di imparare se si ha l’umiltà di voler ricevere la lezione. Ho imparato che la nostra paura deriva da tutto ciò che possediamo e facciamo, non da ciò che siamo. Ciò che possediamo e facciamo è transitorio, noi ci evolviamo continuamente. Ciò che siamo è la nostra essenza, il succo segreto e inconfondibile di cui siamo fatti, e quello non può togliercelo nessuno. Continuiamo a identificarci con ciò che facciamo e dimentichiamo CHI siamo. Ecco, io quest’estate ho riscoperto questo: chi sono. Semplice, come gli spaghetti al pomodoro e basilico, con l’aglio e il peperoncino.
Sed

sabato 18 agosto 2012

In vacanza con mia madre - CETTEIDE - EPISODIO VIII


E’ tempo di fichi. Non i “botti”, come si chiamano qui i fioroni, quei frutti grandi e a volte poco succosi che si trovano a inizio estate. Ora è tempo dei fichi veri, quelli con la buccia violacea o verdina, sottile sottile, perché dentro c’è tanta polpa dolce che pare già una marmellata. Mia madre e i fichi sono un connubio imprescindibile, ma per lei sarebbe preferibile un divorzio senza strascichi. Però non c’è verso. “Mamma, hai comprato più di due chili di fichi” “Si, e allora?” “A casa ci sei solo tu, che ci fai con tutti quei fichi?” “Eh! Li compro adesso che poi non si trovano più!” “Mamma, dove sono finiti tutti quei fichi che hai comprato ieri? Ne volevo assaggiare qualcuno” “Guarda, la metà ho dovuto buttarla perché erano sfatti” “Buttati? Nella tua pancia li hai buttati. Mamma non puoi mangiare fichi, sono troppo zuccherini!” “Ma contengono potassio, fanno bene alla mia età!” “Ma tu hai il diabete!” “Ma ho sempre la glicemia bassa al mattino” “E’ perché fai l’insulina!!” “E allora? Appunto per questo devo mangiare un po’ di zuccheri altrimenti mi sento male!” Quando si entra in questo loop alimentare potrebbe andar avanti per ore, quindi meglio desistere.
Agosto si riconosce dalla luce. Il sole è più basso all’orizzonte, e la luce arriva tagliata, dorata, e anche il mare ha un colore diverso, più sfumato, specie la sera, ora che il tramonto arriva un’ora prima rispetto a luglio. Prima che si accendano i falò della festa di San Nicodemo, prima che l’aria cominci a permearsi degli odori dell’uva e delle more, voglio raccontarvi un momento magico dedicato a mia madre. Ma non solo a lei. Per la prima volta dopo tanti anni ci siamo ritrovati tutti riuniti, madre, figlie e nipoti. 
Mamma e la sua famiglia

Tutti insieme con le nostre diversità, le nostre similitudini, il nostro vissuto e ciò che ancora dobbiamo vivere, l’esperienza della maturità che passa il testimone a chi questa esperienza ha appena cominciato a sperimentarla. 
Mamma con tutte le donne, tre generazioni


Noi

Ho voluto immortalare questi momenti, un omaggio alla vera protagonista di Cetteide. Le avventure sul web di questa pseudo epopea vacanziera si concludono qui, ma da questa esperienza nascerà un ebook, perché vi ho regalato solo delle pillole, degli assaggi di questa storia, una storia che non finirà, un libro che continuerà ad essere scritto e aggiornato costantemente, un regalo per tutti coloro che avranno voglia di seguirmi. 

Sed

giovedì 16 agosto 2012

IL TRADUTTORE E' IL "DOPPIATORE" DEI LIBRI

Ci riflettevo oggi, rileggendo un mio tweet di ferragosto dove facevo gli auguri a tutti gli "addetti ai lavori" dei libri, tranne a loro, i traduttori (forse peché il mio libro non è stato ancora tradotto, chissà...). E giustamente una gentile traduttrice me l'ha fatto notare. Sono subito corsa ai ripari, ovviamente, e poi ho cominciato a riflettere. In Italia, nonostante tutto, abbiamo delle "eccellenze" nel mondo dell'arte che sono universalmente riconosciute (con alcune eccezioni ma, tant'è, come potremmo distinguere le eccellenze altrimenti?). Ma i distinguo non sono da farsi all'interno del nostro patrimonio culturale, bensì tra ciò che l'Italia offre e ciò che propone il resto del mondo nello stesso ambito. In questo caso, e non mi pare poco, non ce n'è per nessuno. Mi è venuto subito in mente il parallelo tra i traduttori e i doppiatori. Si tratta, fateci caso, di due arti che alcuni considerano minori, di secondo piano, ma senza le quali libri e film di successo non sarebbero tali. Così come il doppiatore è a tutti gli effetti un attore, il traduttore è a tutti gli effetti uno scrittore. Nel mondo del doppiaggio abbiamo una scuola che tutti ci invidiano e a volte penso che alle cerimonie degli Oscar o ai vari premi festivalieri come Venezia o Cannes dovrebbero esserci anche i doppiatori tra i premiati. Penso a un film cult come Blade Runner e al famoso monologo recitato magistralmente da Rutger Hauer:

« Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi, navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione,
e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser.
E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo
come lacrime nella pioggia.

È tempo di morire. »
La meravigliosa voce del doppiatore, che noi tutti conosciamo, è quella di Sandro Iovino. Sapete chi è? Eppure molti di noi hanno solo quella nelle orecchie e nella memoria, e il monologo in questione è ormai un cult anch'esso, come il film da cui è tratto. Ho voluto fare solo un esempio, anche se ce ne sarebbero così tanti da fare (come non pensare a un altro celebre monologo, quello tratto dal film Il Gladiatore, di Ridley Scott, con Massimo Decimo Meridio davanti a Commodo nell'Arena, la cui voce è stata magistralmente prestata da Luca Ward?). La realtà è che se questi stessi film li avessimo visti con i sottotitoli forse, dico forse, non ci sarebbero piaciuti allo stesso modo, anche se restano dei capolavori.

E i traduttori? Cosa c'entrano con i doppiatori? Eppure noi li leggiamo ogni giorno, almeno ogni volta in cui prendiamo in mano un libro non scritto da un italiano. In realtà, pensateci bene, potrebbero propinarci qualsiasi cosa perché, a onor del vero, anche quelli di noi che conoscono a menadito tutte le lingue possibili difficilmente si prendono la briga di andare a leggere i testi originali per verificare correttezza e congruità della traduzione. Il traduttore però è qualcuno di cui ci si deve fidare. Sicuramente ama i libri. Perché ci vuole amore per leggere qualcosa di non scritto da te e cercare di renderne l'essenza con la stessa intensità dell'autore. Quindi il traduttore è anche uno scrittore, che indossa un testo e lo fa suo, e ce lo rende in una lingua nuova, facendosi interprete del pensiero altrui, un filtro con una grande responsabilità. Si perché noi, in Italia, leggiamo ciò che lui scrive, e a volte tradurre uno "slang", un modo di dire, una battuta, lasciandone inalterato il senso autentico, è un esercizio che, credo, può far trascorrere notti insonni. Recentemente ho letto un libro per il quale l'autrice ha vinto il premio Pulitzer. Si tratta di "Il tempo è un bastrado" di Jennifer Egan (ed. Minimumfax). Il traduttore è Matteo Colombo.  

Si tratta di un libro particolare in cui il linguaggio esce fuori prepotente e poderoso, con degli inserti speciali che, se mal interpretati, potrebbero risultare avulsi dal contesto della narrazione. Colombo ha fatto non solo un lavoro egregio, ma un'eccellente ricerca, all'interno della nostra lingua, di ciò che meglio potesse rappresentare la visione psichedelica della Egan. Altro esempio è Sacrè Bleu di Christopher Moore (ed. Elliot) tradotto da Luca Fusari. Moore non è autore facile, considerando il suo linguaggio privo di orpelli e alquanto "libero", per usare un eufemismo, e il rischio di scadere nella volgarità è dietro ogni parola. Fusari è riuscito a rendere invece lo spirito con cui è stato scritto, il linguaggio di un epoca che solo così poteva essere descritta.

Ho voluto scrivere di questo non per farmi perdonare dalla nutrita e corposa schiera di traduttori che l'Italia della Cultura ci offre, ma proprio perché ritengo che la loro Arte sia con la A maiuscola. Me ne accorgo ogni giorno, ogni volta che sfoglio le pagine di un libro che amo e che, sono certa, prima di me hanno sfogliato anche loro, con lo stesso medesimo amore. E con l'incanto.

Sed




venerdì 10 agosto 2012

In vacanza con mia madre - CETTEIDE - EPISODIO VII

Prupp e pip una ghiotta specialità calabra e di mia madre


Ho traslocato da casa di mia madre ma non da lei. E soprattutto nessuno può traslocare dalle sue manie culinarie. Tutti i suoi nipoti stanno giungendo qui, uno alla volta, con suo sommo piacere, e alla domanda “Cosa si mangia oggi?” la risposta è sempre “Chiedete a nonna” “Ma non possiamo andare tutti a pranzo da lei!” “Non c’è problema. Se voi non potete andare dal suo cibo, il suo cibo verrà a voi”. E così è ogni giorno. Perché lei prepara in casa e porta tutto al ristorante, che ci piaccia o no.
C’è poi il fatto dei “mal di testa”. Chi di noi, soprattutto donne, soprattutto in estate col caldo, non ha mai sofferto di mal di testa? Ecco, lei ha una sua teoria, che riguarda appunto le “ragazze”. Quella dell’affascino. “Hai mal di testa? Vieni qua che ti “sfascino”!” Si perché, se qualcuno ti ha guardata con intenzione, buona o malevola che sia, sicuramente ti ha “affascinata”, ti ha rinchiusa in una rete di pensieri e desideri, ti ha avviluppata in una sorta di rito voodoo, e da sola non ne puoi uscire. E allora ti aiuta lei. Ti massaggia le tempie bisbigliando preghiere, sempre le stesse, come una litania. Un Padrenostro e un Avemaria, finché non comincia a sbadigliare. Può sbadigliare fino alle lacrime, e quando di sbadigli non ce ne sono più, incredibile, il mal di testa è scomparso. Alla fine c’è il verdetto: “Era un affascino di uomo” se gli sbadigli arrivavano col Padrenostro “Era un affascino di femmina” se gli sbadigli arrivavano con l’Avemaria.
So che un giorno me lo insegnerà, perché questa magia si trasmette da madre a figlia, ma ancora no, c’è tempo. Mia madre, con la sua saggezza ricolma di sacro e di profano, con i suoi riti antichi come il mondo, dovrà “sfascinare” ancora per molto tutte le ragazze di questa famiglia. Per noi eredi il momento non è ancora arrivato.
Sed
Immagine presa da qui
 

domenica 5 agosto 2012

In un paese del Sud


Cirò Marina - Un vicolo

In un paese del sud i vicoli di notte non sono mai completamente bui. Sono avvolti dalla luce gialla dei lampioni antichi, quelli appesi ai cavi che attraversano la strada da un capo all’altro, come i panni stesi ad asciugare, e dondolano alla brezza che viene dal mare, e proiettano ombre enormi sui muri delle case addormentate. In un paese del sud l’estate ha l’odore del mare, dei pesci che arrivano con le lampare al mattino presto, ha l’odore di pelle dura come cuoio dei pescatori che arronzano le reti di fretta, come madri premurose, che da lì viene il sostentamento e i buchi grandi non ci possono stare. E allora si dà una sistemata, che i giorni di pioggia verranno per far tutto per bene.
In un paese del sud in luglio le ragazze si spogliano, e si mostrano, natiche al vento e schiene lucide come seta dal colore caldo delle nocciole tostate, e i ragazzi cantano, come le sirene, il canto dell’amore. In un paese del sud il caldo ti toglie il respiro, ti suda e trasuda addosso e asciugarsi non serve, e allora la regali alle onde quell’acqua che era tua, ti apparteneva, ma ora te la lavi via con altra acqua, quella antica, quella che risana. In un paese del sud, di ogni sud del mondo, il tempo scorre più lento, languisce piano che tanto non c’è fretta, il giorno dura un giorno, che sono ore vissute anche la notte, che a volte pare giorno quando la luna è così piena e vicina che la puoi toccare, così pare.
In un paese del sud all’alba il sole si mangia il buio e regala il profumo del pane, dorato e caldo come lui, sole di pane, che ti investe i sensi appena svegli e respira con te, perché il pane è vivo.
In un paese del sud le donne parlano a voce alta, gridano dai balconi sempre aperti e si attaccano i bimbi al seno per farli addormentare. E tirano su le sporte con le corde perché hanno da fare, non c’è tempo per scendere le scale. Ma la sera tirano le tende che lo scirocco gonfia di aria e gocciole sospese, e sussurrano piano la buonanotte ai bimbi. E poi sospirano, di notte. In un paese del sud ogni estate porta nuovi figli, semi piantati là dove la terra e il mare s’incontrano col sole e con la luna.
Sed

mercoledì 1 agosto 2012

OMBRE DI NOTTE


Prima che il velo delle ciglia doni l'immagine ai ricordi e al sogno, prima che l'alba di domani trascini con sè il sole imperioso a raccontarci un nuovo giorno, voglio dirvi cosa ho visto stanotte. La mia ombra proiettata sulla sabbia chiara, netta, un disegno unico, non sdoppiato come con le luci dei lampioni. La mia ombra attaccata ai miei piedi mi ha preceduta verso il nastro d'argento del mare e si è tuffata nel baluginio dell'acqua. La luna piena, rotonda, luminosa come un sole a mezzanotte, mi ha sorriso e mi sono sentita parte di un meraviglioso disegno divino. Che luna di notte stanotte!
Sed