domenica 15 luglio 2012

BIBLIOTETICA - UNO SCRITTO DI MAURO SANDRINI

Ho l'onore, oltre che il piacere, di conoscere personalmente Mauro Sandrini, ingegnere, sociologo e autore del libro Elogio Degli E-book 
Come scrittrice, come lettrice, come appassionata di tutto ciò che definisco Arte letteraria vorrei condividere con voi questo suo scritto, che mi ha emozionata e commossa.


BIBLIOTÈTICA

Mauro Sandrini

mauro@elogioebook.com

La biblioteca d’inverno, al mattino presto. Una coppia di ragazzi
studia, la sala quasi vuota. Fuori il freddo, l’umido, la frenesia
frenetica di un mondo che corre verso una follia senza freni.
Dentro, i sogni, le fatiche e le paure per gli esami da preparare
s’impastano con un tempo diverso dove tutto è ancora possibile,
il tempo perso e il tempo nuovo, gli amori non ancora nati e gli
sguardi chiari delle promesse.
È un cantone extra-ordinario la biblioteca: uno spazio off-shore
dal mondo. Come i paradisi fiscali sono nei sogni di tutti i biscazzieri
della finanza, la biblioteca è il paradiso di chi ha tempo.
È il vero paradiso, anzi. Perché qui non c’è denaro. È un’isola
dimenticata dalla nostra società. L’assenza di denaro la rende
uno spazio puro, più ancora delle chiese dove denaro e potere
determinano il luogo e i riti. In biblioteca no. Non c’è alcuna carriera
da intraprendere, nessuna indulgenza cui aspirare, nessun
peccato da espiare. C’è soltanto uno spazio, un tempo, interrotti
di tanto in tanto dalle risarole degli adolescenti che troppo stretti
stanno in questo luogo. Ma che qui cercano, e ottengono, la
solidarietà silenziosa dei compagni e delle compagne con cui trasformano
il tempo di preparazione all’esame o all’interrogazione,
in un tempo di divertimento: di giochi e di scherzi tutti sottovoce,
un po’ come la pentola che sobbolle piano mentre sul fuoco
si cucina una pietanza importante. Ecco in biblioteca sobbollono
piano le energie ed i pensieri di ciò che fluirà domani nella nostra
società.
Le biblioteche sono belle. Le più belle, però, sono le piccole
biblioteche di provincia: Fusignano, Sant’Alberto, Massa Lombarda.
Gioielli sopravvissuti ad un secolo (e più) di sconfitte. Un
tempo in cui gli ultimi hanno perso tutto: le guerre, le rivoluzioni,
persino le speranze. I forti, i padroni, coloro che non hanno
occhi per guardare neppure se stessi nello specchio, hanno distrutto
ogni cosa: i loro cuori, le piante, il mondo. Di una, però,
si sono dimenticati: le biblioteche. Proprio perché estranee al circuito
del denaro non erano interessanti per loro. In particolare
quelle piccole, lontano dai centri, dove la bibliotecaria conosce
i nomi dei bambini e saluta i genitori come si fa con gli amici,
dove il bibliotecario consiglia un libro nuovo allo straniero. Dove
l’aria che si respira è la stessa per lo studente universitario e per
il curioso di tutto ciò che si nasconde fra i libri. Dove ogni pagina
è una possibilità, un mondo nuovo verso cui allungare la mano:
come nell’Eden verso la mela.
La biblioteca è il luogo dove mi accompagnava mio padre da
bambino. Quell’aroma impastato di libri, polvere e legno che
emanava dagli scaffali è sedimentato dentro di me. Lui, ferroviere
con la licenza di quinta elementare, non ci era mai entrato
prima in quel luogo. Il modo con cui ne storpiava il nome mi
sembra oggi poesia pura. Con lui, infatti, non si andava alla
biblioteca ma in bibliotètica, un neologismo che restituisce agli ultimi
il luogo da cui da sempre il potere li ha esclusi. Con una
parola nuova mio padre restituiva a se stesso e a quelli come lui
la cultura che i potenti avevano tenuto per sé nei millenni.
Magari c’era chi rideva di questa sua apparente incapacità di
pronunciare correttamente il nome del luogo. Ma bibliotètica è
un universo a parte nel mondo della cultura. La biblioteca è sopravvissuta
nelle nostre città anche, e sopratutto, perché serviva
alla trasmissione della cultura del potere. I tomi pesanti e difficili
delle scienze, della giurisprudenza, dell’economia sono ancora li
a renderne conto. La biblioteca era il luogo dove i giovani rampolli
della borghesia erano autorizzati ad allenarsi per prendere
il posto dei padri nel guidare la società. Bibliotètica è altrove, in
un’altra dimensione. È la nicchia femminile che sopravvive negli
interstizi del linguaggio del potere maschile. Con un esercizio
di etimologia immaginaria possiamo riconoscere in questa nuo-
va parola tre particelle. La prima è biblio: libro. La biblioteca è
il mondo dei libri; si ma quali? Per chi? La seconda particella
che incontriamo è tet, il succo della vita, il nucleo della maternità
che nutre con la propria tetta non solo il figlio, ma il mondo.
Un sentimento, quello della conoscenza, riservato non ai pochi
discendenti dei già acculturati, ma un nutrimento che si diffonde
nel mondo. L’ultima particella che emerge dal neologismo intrecciata
alla precedente è etica: la biblioteca oggi ha forse il ruolo
che avevano i conventi nel medioevo, non tanto di mettere al sicuro
la cultura, quanto di preservare le ultime radici di umanità
presenti nel nostro esistere sociale. Radici che sono tanto in pericolo
quanto i ghiacciai che si sciolgono per il surriscaldamento
del pianeta.
Bibliotètica, allora, non è l’errore di un ferroviere più avvezzo
alle carte che ai libri, ma un passaggio evolutivo, la possibilità di
collegare la conoscenza al cuore e ai progetti condivisi. Un luogo
dove la curiosità e i sogni di ciascuno si nutrono della solidarietà
silenziosa dei propri vicini di tavolo fra i libri. Per avventurarsi
nella realtà e cambiarla. Con desiderio.
Grazie per questo assaggio di poesia in prosa.
Sed

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