domenica 27 maggio 2012

Le nuove frontiere dell'editoria

Abitualmente non leggo quotidiani economici. Quindi non ne acquisto. E' stato dunque per puro caso che oggi mi sono imbattuta nell'inserto Nòva de Il Sole 24ore. Il primo articolo che ha suscitato il mio interesse è stato quello di Luca Di Biase intitolato "I nuovi lavori dell'editoria figli dell'ebook". La disamina attenta e documentata rileva in primo luogo il calo del mercato dei libri in Italia, pari all'11% tra il 2007 e lo scorso anno. Si parla ovviamente di libri di carta, perché il mercato delle vendite online e degli ebook è invece in continuo aumento, con crescite spettacolari se si considera che si parte da numeri molto limitati. "Ma mentre la vendita online dei libri tradizionali non cambia la struttura dell'editoria, l'ebook assume i contorni di una ridefinizione piuttosto rilevante della filiera" (test.Luca De Biase) De Biase sottolinea come piattaforme di distribuzione e billing per ebook, quali Amazon e Apple, che offrono questi servizi in cambio del 30% del prezzo di copertina, abbiano condotto molti autori a pubblicarsi da soli. Certo è una realtà che ben conosciamo, considerando le numerose iniziative di self publishing già esistenti e molto attive anche dal punto di vista della formazione (Self Publishing Lab ne è un esempio), ma questo non significa che la funzione dell'editoria sia destinata a scomparire. "...è possibile che queste funzioni si ricollochino in una costellazione di iniziative imprenditoriali nuove. Del resto, le piattaforme prevalenti non saranno certo le uniche. Ibs ha dimostrato di saper resistere nella vendita online di libri cartacei all'impatto di Amazon. E BookRepublicsta esplorando le opportunitàofferte dall'innovazione e la cura della piattaforma degli ebook." (test. Luca De Biase) Mentre l'editoria si rinnova gli autori sperimentano e riscuotono successo (vedi Guido Mattioni con Ascoltavo le maree cit., ma voglio anche ricordare Pietro De Viola con l'incredibile e travolgente successo di Alice senza niente). L'articolo termina con una riflessione sul tempo che hanno a disposizione gli editori per reagire a questi cambiamenti. "Riccardo Cavallero, direttore generale dei libri alla Mondadori, risponde con sincerità: 18-24 mesi" (test. Luca De Biase) Penso alla piccola casa editrice che ha pubblicato il mio romanzo, la Melodyrecordseditoria e mi domando con preoccupazione quanto potrà sopravvivere. Rinnovarsi ancor prima di nascere. Ho suggerito loro di leggere l'articolo in terza pagina di Luca Vaglio, Sono multimediale ma non lo dico, per addetti ai lavori, ma non troppo... Come scrittrice e lettrice amerò sempre l'odore della carta, il fruscio del foglio quando giro la pagina, quel colorito agé che il libro acquista col tempo, ma ho dovuto accettare da tempo che l'era della penna e del calamaio è finita da un pezzo e, seppure a malincuore, mi sono adeguata anche io al nuovo che avanza.
Sed

domenica 20 maggio 2012

In punta di penna: A volte succede di essere premiati...

In punta di penna: A volte succede di essere premiati...

A volte succede di essere premiati...

A volte capita di ricevere una sorpresa inaspettata, e mi direte che tutte le sorprese sono inaspettate per antonomasia. Vero, ma abbiamo sempre il "vizio" di sognarle, sperarle, costruircele su misura e pregustarne il sapore. Quelle inaspettate sono quelle cui non hai proprio pensato e forse per questo il gusto è forte, prepotente, vivace e anche piccante. E così aprire la casella email e trovare una comunicazione ufficiale come questa può davvero farti vedere le cose in un'altra prospettiva...più bella perché inesplorata. Ho vinto un premio, si, e ne vado fiera...

Sed

giovedì 3 maggio 2012

#Culturaèbello un hashtag rivoluzionario?


L’ignoranza genera illegalità. Non scopro nulla di nuovo. Eppure viviamo in un Paese che taglia fondi alla cultura come se essa fosse qualcosa di aberrante, diabolico. L’accesso alle Università è diventato un lusso per pochi, se si considera il peso che hanno sulle nostre tasche le tasse d'iscrizione e i libri di testo. Le biblioteche pubbliche chiudono per mancanza di personale (non si possono pagare gli stipendi), per mancanza di materia prima (non si possono comprare libri), per mancanza di strutture (non si possono pagare gli affitti). Le librerie languiscono perché lettori affamati vagano tra gli scaffali annusando l’odore della carta  ed escono sempre più spesso a mani vuote perché i libri, si sa, costano. Che fare?

La mancanza di cultura ha generato mostri in passato come la mafia, la camorra, la ‘ndrangheta, figlie di quell’assenza di conoscenza che ha potuto irretire intere popolazioni abituate ad ascoltare solo le voci più “urlanti”, qualunque fosse il megafono utilizzato (anche i fucili, si…) e come le dittature, di destra o di sinistra poco importa, che hanno avuto facile presa su coscienze addormentate, o meglio ancora, comatose.  Ma noi, che questo lo sappiamo bene, continuiamo a permettere che la cultura sia vista come un di più, un bene non necessario, un ornamento vintage per pochi nostalgici.

I Greci sapevano insegnare. I “Maestri” riunivano intorno a se allievi vogliosi e affamati di conoscenza  e trasmettevano il loro sapere. “Trasmettevano”, che magica parola. Si perché troppo spesso capita di assistere a lezioni nelle nostre scuole dove professori stressati, incancreniti dall’oblio del nulla e privati di desiderio e passione, assolvono il loro compito elargendo fiumi di nozioni senza alcun vago senso di costrutto. Insegnare è un’arte, ma nessuno spiega loro come si fa. E tutti quegli uccellini con i becchi aperti che attendono di nutrirsi di chissà quale prelibatezza si devono accontentare della stessa minestra riscaldata. Ci sono le eccezioni, per fortuna, che lottano per istruire, per servire un banchetto alla festa delle menti, ma sono pochi e troppo spesso vanno via…

Investire nella cultura non può essere un optional. In questo mondo dove le distanze ormai non rappresentano più un limite non possiamo limitarci ad annusare la vita che c’è dietro ogni pensiero, ogni parola scritta e detta. Io, che ogni volta che entro in una libreria, in una biblioteca, ho la sensazione di entrare in un tempio sacro, mi stupisco ancora dell’inettitudine e della miopia di chi ci governa. E se il web, i social network possono essere utili, allora usiamoli per far si che la cultura non muoia. Abbiamo imparato ad esprimerci in 140 caratteri e sappiamo cosa è un hashtag. “Culturaèbello” sono solo 13 lettere, ci stanno tutte in un tweet.
Sed