lunedì 31 dicembre 2012

Da un blog all'altro - Benvenuto al nuovo giorno

I miei auguri di Capodanno legati a filo doppio, da un blog all'altro http://cettadeluca.wordpress.com/2012/12/31/benvenuto-al-nuovo-giorno/




Ci sono quelli eternamente depressi a Capodanno. E quelli perennemente felici. Come se le vie di mezzo d’improvviso non esistessero più. O tutto o niente, o il tutto di niente o niente di tutto. E se volessi solo un po’? Un po’ sentire, un po’ provare, un po’ gioire, un po’ stare con la gente, un po’ starmene per i cavoli miei. Non ce l’ho l’ansia del Capodanno io, non ce l’ho più. Da ragazza sì, ma era l’ansia della festa, dell’attesa, degli incontri. Era il Sabato del villaggio della mia vita, e io vivevo ogni giorno come se fosse sabato, figuriamoci il 31 dicembre!Poi crescendo, con le esperienze che man mano si accatastavano dietro l’uscio della mia casa dei sogni, alcune emozioni si sono come addormentate, altre hanno acquistato forza, e mi sono accorta che queste “altre” mi riguardavano poco, rientravano più nella sfera delle emozioni riflesse, quelle godute per interposta persona, quelle derivate dal bisogno di rendere felice qualcun altro. Mi ero accantonata, facevo parte di quella catasta fuori da quell’uscio, quello dei desideri. Ero il mio desiderio da realizzare, ma dopo, più avanti, tanto c’è tempo…L’inconsapevolezza del tempo che passa. Che beffa! È che quando poi te ne accorgi, quando te ne rendi conto che questo tempo è passato, ti ritrovi con tanto di quel lavoro da fare, e di corsa pure, che ti viene l’affanno. È in quel momento che cominci a inseguire, a inseguirti. Entri nella cosiddetta fase di recupero, ed è stancante. E pericoloso anche. Rischi sbronze continue da “felicità a tutti i costi”, “incontri e socializzazione”, “opportunità da cogliere al volo”, e neppure te le godi tutte queste cose, non ne ricordi il sapore appena l’effetto alcolico è smaltito. Solo un gran mal di testa e un senso profondo di smarrimento.

Ma se lo sappiamo che è così, perché non interveniamo in tempo? Già. È la consapevolezza che arriva tardi, è sempre così. E allora io ho deciso di cambiare le regole, almeno per me, e me lo posso concedere questo lusso. Ho deciso di non inseguire nulla, tantomeno il Capodanno. Per me è sabato ogni giorno, ogni mattina al risveglio mi godo quello che arriva, lo aspetto, senza ansie, come un dono quotidiano. Il mio appuntamento con la vita. Che non significa solo godere delle piccole cose, non ho questo spirito così meditativo. Significa accorgermi che ci sono anche quelle, significa dare il giusto peso e il giusto valore a ciò che mi fa star bene e buttar via ciò che mi fa star male, perché ora, questa consapevolezza acquisita, mi dà la capacità di distinguere, di scegliere, di sapere. Almeno questo.

C’era un’usanza a Napoli che, da bambina, quando trascorrevo le feste dai nonni paterni, non capivo o quantomeno mi pareva un eccesso. A mezzanotte del 31 dicembre si gettavano via gli oggetti vecchi di casa: scarpe, vestiti, sopramobili, elettrodomestici, sedie, lampade. Si gettavano fuori dalla porta, dalle finestre, dai balconi. Era pericoloso girare per strada a Capodanno a Napoli, non sapevi mai cosa poteva caderti in testa. Però aveva un senso, ora lo so. Liberarsi del vecchio per far spazio al nuovo. Ora magari, con la crisi, non si getta via più nulla, ma il senso metaforico del gesto rimane. Fare spazio al nuovo che arriva, che è inatteso e, a volte, sorprendente, per cui di spazio deve essercene a sufficienza. Come le foglie che in autunno cadono per far posto alle nuove gemme. La Natura insegna. È questo che io faccio tutti i giorni: accolgo il nuovo che avanza, con gli occhi stupiti e le braccia aperte. È un esercizio che consiglio a tutti, che cerco di insegnare ai miei figli, per non vivere il Capodanno con l’ansia di fare spazio, all’ultimo momento, senza avere il tempo e l’energia per farlo. 

Ma oggi è il 31 dicembre, e certo tanti saranno in giro, felici o depressi, a cercare di cogliere quel sapore speciale che questa festa dovrebbe avere. Un momento di passaggio, la speranza di un cambiamento, una comunione globale nella quale, chissà perché, ci sentiamo tutti più vicini. E vorrei abbracciarvi tutti, se potessi, per condividere con voi quei 24 rintocchi a mezzanotte. Uno dopo l’altro, un conto alla rovescia che è sentenza: 2012 addio con tutto quel che è stato. Benvenuto 2013, con quello che sarà.

lunedì 24 dicembre 2012

La magia di un libro


Ho messo le parole al caldo.
Le ho asciugate al fuoco del camino
E poi le ho tutte allineate
Tra pagine e pagine di desideri espressi
E sogni ancora da venire.
Le sfoglierò pian piano, senza fretta
Perché il tempo aspetta
Nell’emozione di un libro.
La puoi lasciare per un po’
E poi riprendere il filo
E lei torna fluida, scorre negli occhi
E nel cuore.
E non servono addobbi
Né strenne e luci colorate.
Io, un libro, e il Natale che passa,
con le parole al caldo
del fuoco acceso di un camino.

sabato 15 dicembre 2012

Musica per Orsi e teiere, note per l'anima

Immagine presa da qui

Leggendolo si ha la sensazione di salire su una giostra. Non sulle montagne russe, ma su quel barcone dei pirati, avete presente, quello che prima ondeggia, a destra, a sinistra, poi ritorna e, presa la giusta spinta fa un bel giro completo, e ci si ritrova al punto di partenza, a ondeggiare di nuovo. E questo è un male, significa inconcludenza? No, al contrario, il bello sta tutto lì. E' il modo di narrare la vita. Noi che tendiamo sempre ad organizzarla, a vederla come un susseguirsi di momenti scanditi e conseguenti, non ci rendiamo conto che in realtà è tutto un andare e tornare e poi, con una evoluzione temporale, ricominciare tutto daccapo. 

Luca Ragagnin ce la racconta così la vita dei suoi protagonisti, e scriverne, lasciandoti questa sensazione di leggera sbornia, o di capogiro da mal di mare, non è esercizio semplice. Lui ci riesce, con ironia, garbo e il necessario distacco per osservare la vita così com'è, non come la immaginiamo credendo pure di averla vissuta e che tutto abbia avuto un senso.
Ed è paradossale come lui riesca a rendere pieni e ricchi di vita i suoi racconti pur avendo come elemento in comune, leit motiv, trait d'union, la morte. O forse proprio per questo, perché la morte occhieggia, si nasconde, appare, svolazza qui e là, che la vita si esalta, coi suoi colori e i suoi suoni, i rumori, i sogni, i desideri e il rimpianto. O il ricordo.

Eppure i suoi personaggi sono soli. Emergono lì, sul palcoscenico delle pagine a loro dedicate in tutta la loro solitudine, da protagonisti assoluti, a tu per tu con se stessi e il loro destino che li spia e di cui percepiscono la presenza, come un mantra sussurrato, come una nenia che dopo un po' viene assorbita dai rumori del mondo, della vita. C'è una frase che mi ha profondamente colpita in tal senso, nel racconto di Orso:
(cit.) "Fu solo a quel punto che Orso chiuse gli occhi per assorbire, di quell'unica luce, dietro la protezione delle palpebre, direttamente il midollo dei sogni, mentre tutto intorno le voci ricominciavano."

A volte la morte è solo metaforica. Non si muore forse un po' anche quando si cambia? Muore ciò che eravamo, ciò che siamo stati fino a un attimo prima, e nasce qualcosa di nuovo, di diverso, o forse è solo il nostro futuro che si compie. Igor, ossessionato dalla musica punk e dall'idea del suicidio per tutta l'adolescenza, muore e rinasce in un giorno, perdendo di sè anche il ricordo. Questa è la morte metaforica, il cambiamento radicale, il suicidio consapevole di un'età, la giovinezza, per la rinascita consapevole in un'altra età, quella adulta. E il prezzo da pagare è la perdita della memoria, forse del sogno, ma tanto, se non si ricorda, non si può rimpiangere.

C'è poi l'attesa della fine, quella della vecchiaia, alla quale in realtà non ci si arrende per quanto se ne percepisca l'ineluttabilità. E il tempo trascorso diventa l'inanellarsi intrecciato di consuetudini, scelte fatte, giuste o sbagliate, bivi, incroci. La vita vista come l'intersecazione di tre note. La prima, quando si è ancora soli, sbuca dal silenzio, è vergine. La seconda, quando ci si incontra, si unisce e crea l'armonia. La terza è quella dissonante, che genera scompiglio, la nota figlio che, nel caso di Lark e Muriel è il gatto Sigfrido Zaccaria. E tutto questo è l'amore, la vita di coppia. C'è tanto amore nel terzo racconto, e il rimpianto di ciò che avrebbe potuto essere con l'accettazione alla fine di ciò che si è avuto.

Un commento a parte merita l'argomento musica. Tutto il libro ne è permeato, come se esso stesso fosse una cassa armonica, un amplificatore che, attraverso le note, i suoni, crea quel giusto contrappunto che sottolinea il percorso della vita.
Il Jazz, il punk, i suoni distinti nel silenzio di una casa, una colonna sonora unica, un soffio leggero, come una brezza, che riporta in sè l'eco del tempo che scorre.

Una scrittura felice quella di Luca Ragagnin, profondamente incisiva, che scava senza ferire però, lasciando in bocca un sapore lieve e armonioso, come un volo a planare nella consapevolezza.

Sed











Titolo: Musica per Orsi e Teiere
Autore: Luca Ragagnin
Editore: Miraggi Edizioni
Pubblicato: Novembre 2012
ISBN: 978-88-96910-30-6 
Prezzo: € 12,00

domenica 9 dicembre 2012

Unica sbronza concessa ad alta gradazione di cultura.Più libri, Più liberi

Più Libri Più Liberi, la fiera del libro di Roma. 6/9 Dicembre 2012


E' terminata oggi e io me la sono goduta tutta, proprio come un calice di rosso d'annata sorseggiato lentamente. Colore, profumo, sapore. Queste le sensazioni stimolate durante la Fiera Più Libri Più Liberi a Roma dal 6 al 9 Dicembre 2012. Tante le persone che tra sabato e domenica hanno affollato i corridoi e gli stand del Palazzo dei Congressi all'Eur, location eccellente per accogliere gli oltre 400 espositori e le iniziative correlate. Ma di questo avrete già letto e visto. Io voglio parlarvi degli incontri, tanti e appassionanti. Quello con le amiche lettrici, le salottiere di libri.Tempoxme e bookblogger talentuose Simona Scravaglieri di letturesconclusionate.blogspot.com e Giuditta Casale di libri.Tempoxme, appunto. In sala stampa abbiamo anche incontrato qualcuno di speciale, Saverio Simonelli, responsabile del sito e del programma di TV2000 La compagnia del libro.
A una fiera del libro però si incontrano principalmente gli addetti ai lavori: gli scrittori e le case editrici, e in questo caso specifico, unica nel suo genere, la fiera di Roma ospita la piccola e media editoria, quella indipendente insomma. E si vede tutta questa indipendenza. I rapporti sono felici, appassionati, creativi. Queste realtà nascono da progetti che profumano di professionalità e amore, amore per la cultura e per lo strumento principe atto a divulgarla. Ne voglio menzionare alcune che ho avuto il piacere di conoscere direttamente. Nutrimenti specializzata in narrativa, saggistica e, argomento che la dice tutta sulla passione che muove la nascita di simili imprese, la vela e il mare. Intermezzi, casa editrice toscana che di questa regione ha il brio e la concretezza oltre a uno splendido catalogo. Lavieri, piccola casa editrice specializzata in letteratura italiana e tedesca con una sezione speciale dedicata al fumetto. Neo Edizioni, casa editrice abruzzese che si autodefinisce "Caustica, sarcastica, critica" (fate voi le debite deduzioni...). Navarra, casa editrice siciliana con un ampio catalogo, le cui scelte sono orientate prevelentemente su tematiche di impegno civile e fenomeni socio-culturali. In questa foto potete vedere un momento della presentazione del libro Passaggio di testimone, undici giornalisti uccisi dalla mafia e dal terrorismo, con gli autori Gianpiero Caldarella, Danilo Chirico, Claudio Fava e Sergio Nazzaro.

Parlare con gli scrittori, capire cosa li spinge, cosa fa loro sospirare le parole nel petto e nella mano, è un'esperienza bellissima, specie per una scrittrice. Ci si sente come accomunati da uno stesso destino, condannati a vivere e rivivere le nostre storie, paghi di percorrere sentieri sconosciuti ai più e che per noi sono il succo stesso della vita. Ma parlare con gli editori è stata un'esperienza ancor più strabiliante. La notizia vera è che "sono fatti di carne ed ossa". Parlano, mangiano, a volte dormono, spesso, molto spesso, leggono. Almeno questi editori qui.
La polemica con relativa richiesta di maggior attenzione all'AIE è scaturita dal fatto che in fiera erano presenti case editrici a pagamento. La cosa scandalosa, almeno per me, è che "ostentavano". Mi è capitato di assistere personalmente a qualcosa che ha dell'incredibile. Davanti a Edizioni Universitarie Romane (ma si, facciamoli i nomi, è giusto!) mi sono fermata per un cartello enorme che diceva: "Hai un libro nel cassetto? Hai un manoscritto?..." insomma, un invito molto esplicito. Una ragazza parlava con l'editore, accompagnata da genitori speranzosi e ansiosi, del fatto di volersi rivolgere a loro per la pubblicazione del suo libro ma, intanto, era legata ad Albatros (che scelta oculata!!) e non sapeva come fare. Mentre il signore le chiedeva di vedere il contratto io mi sono rivolta al suo socio per avere informazioni. Alla mia domanda esplicita "Ma siete una casa editrice a pagamento?" la risposta è stata "No, non a pagamento, ma chiediamo un contributo. Certo non i soliti € 5.000,00, ma € 1.500,00 si". La mia replica, udibile da tutti (spero anche dalla ragazza di cui sopra) è stata "No, grazie. Sono contraria all'EAP".

Voglio mettere un'interlinea maggiore tra questo fatto e ciò che invece sto per raccontarvi. Si tratta di un'altra casa editrice, speciale, davvero innovativa. Miraggi. Qualcuno su twitter ha detto "dal loro stand piovono libri", ed era proprio così. Miniature di copertine stese come panni ad asciugare, fatte di carta da pacchi, proprio come le copertine vere, originali, illustrate, bellissime.
Ma ciò che mi ha conquistata è stata la simpatia, la cordialità, la disponibilità estrema di tutto il gruppo, dall'editore Alessandro De Vito, alla stupenda responsabile dell'ufficio stampa Sara Bauducco, al direttore commerciale Fabio Mendolicchio (che è anche uno chef sopraffino e ha delle idee geniali per reading tra lettura e cucina), alla redazione capitanata da Davide Reina (quello in foto coi capelli lunghi), agli autori presenti Luca Ragagnin, Stefano Sgambati (ha scritto YouPorn) e Guido Catalano. Ci siamo ritrovati tutti domenica sera alla libreria Altroquando, per presentare i libri degli autori suddetti, e non ho avuto più dubbi: le case editrici devono essere così, devono curarsi degli autori con passione, devono scegliere cercando e spulciando tra i manoscritti e poi seguirli, e non mollarli, mai. Miraggi lo fa.
Fabio Mendolicchio e Sara Bauducco
Luca Ragagnin  e Stefano Sgambati













Infine ho partecipato a una conferenza davvero importante dal titolo emblematico: "Nuove evidenze: i blogger muovono le vendite?" dove sono intervenuti tra gli altri Noemi Cuffia, nota come Tazzinadicaffè (titolo del blog e su twitter e Facebook) e Jacopo Donati di Finzioni Magazine. Dopo aver esaminato grafici e statistiche si è giunti alla conclusione che: negli USA i blogger hanno un potere enorme e possono far oscillare il mercato di genere (pensiamo alle fashion blogger quindicenni coi primi posti riservati alle sfilate di moda). In Italia ancora non ci sono dati sufficienti per fare una verifica sensata. Certo è che gli editori li tengono d'occhio, li coccolano inviando libri e si appoggiano in qualche modo alla community del blogger per capire e sfruttarne le potenzialità. 
Noemi Cuffia "Tazzinadicaffè"


   
Il mio viaggio nei libri è terminato, per ora. Riprendermi dalla sbornia sarà difficile, me lo dicono i 9 libri acquistati e quelli che mi hanno regalato. Sorseggerò per molto parole dal colore rubino, dal profumo speziato e dal sapore intenso, sollecitando il palato a ricercare ancora nuovi gusti, perché so che ci sono. Da lettrice sono soddisfatta, da blogger ho molto lavoro da fare, da scrittrice...

Sed

venerdì 7 dicembre 2012

Lasciamisenzafiato, un titolo quasi hashtag

Immagine presa da qui

Lasciamisenzafiato. Nel linguaggio corrente e' un hashtag perfetto, e non potrebbe essere piu ' appropriato in questo caso. Il romanzo di Calderoni insegue un modo di esprimersi attuale, realistico, solo qua e là intervallato da classicismi che aiutano il lettore nella comprensione del testo rendendo tutto fluido, scorrevole. E' particolare l'utilizzo del tempo presente nella narrazione. E' in quel momento che si esprime la massima attualità linguistica. Esperimento difficile, complesso, che amplifica la sensazione del crescendo, sensazione che, come in una corsa reale, permea tutto il romanzo. Non è un caso che anche il romanzo rappresenti una corsa, vera, metaforica, di stile. Tutto concorda, cifra e contenuti. I personaggi si incontrano e velocemente interagiscono, si separano, si cercano, si ritrovano, si inseguono...corrono. Quasi a voler gabbare il tempo che, beffardo o benevolo, ha già deciso il loro destino. La corsa come metafora della vita?

E’ un romanzo “accentato”. Gli accenti sono sulle immagini e sui suoni. Come fotografie le immagini e i paesaggi si susseguono in una descrizione dettagliata, che par quasi di esserci a vedere quella luce, quei colori, quei sassi, e non a caso Alessandro, uno dei protagonisti, è un fotografo. Ma è anche, anzi, prima di tutto, un musicista finissimo, come l’amato fratello Federico. E la musica è l’altro accento, il contrappunto perfetto alla successione degli eventi. Anche la musica è raccontata, e neppure questo è esercizio facile. La musica si ascolta, ma il suo linguaggio traspare tra le righe, dà loro ritmo, come i passi cadenzati e veloci di una corsa. La corsa, ecco che ritorna. Clara corre per non fermarsi a riflettere sulla sua vita, sulle sue colpe, sui suoi peccati. Irene corre metaforicamente verso la sua meta, il matrimonio con Alessandro, con la voglia di superare se stessa e i suoi dubbi, le sue paure, la sua fede incrollabile. Tutti si incontreranno a un certo punto, chi prima, chi dopo. Tutti accomunati da un soggetto comune, il salvifico Barnaba, che li unirà nelle immagini e nei suoni in un crescendo, appunto, che lasciasenzafiato.

Sed












Titolo: Lasciamisenzafiato
Autore: Elvio Calderoni
Casa editrice: Miraggi Edizioni
Collana: Golem
Anno: 2011
ISBN: 978-88-96910-11-5 
Brossura: € 13,50 

martedì 4 dicembre 2012

Una risposta doverosa a Michela Murgia


Ho letto con sorpresa e perplessità l'articolo di Michela Murgia su Liberos dal titolo alquanto drastico "Perché diciamo no agli autori di narrativa self published".
Le sue argomentazioni sono serie, importanti. Si parla di etica. Perché Liberos è un sito in cui tutti possono iscriversi, tranne i narratori selfpublisher.
Parto dal sottolineare che Michela Murgia, come molti, accomuna in un'unico fasio le erbe buone e quelle meno buone (non ci sono erbe cattive tra gli scrittori, a mio avviso). Perché è luogo comune pensare che gli autori che si autopubblicano sono i reietti dell'editoria e che sfruttino questi luoghi solo per farsi promozione e raggiungere il lettore, ambendo comunque ad essere "scoperti" dall'editoria classica.

Non più di quattro giorni fa si è svolto a Roma il secondo evento degli "Scrittori sperduti nell'isola che non c'è", nel quale si è affrontato proprio questo problema: come fa uno scrittore selfpublisher ad essere credibile e riconoscibile? La domanda alla quale abbiamo cercato di dare una risposta con assoluto spirito di autocritica riguardava questo (cit) "Gli scrittori che si autopubblicano sono davvero tanti ormai e, col fenomeno del selfpublishing questa Democrazia Culturale rischia di diventare anarchia. Allora? Allora bisogna acquisire credibilità se si vuol essere identificati come scrittori. Perché diciamocelo chiaramente, nessuno, neppure chi viene pubblicato da una casa editrice, almeno in principio, scrive per arricchirsi. Ciò che ci muove è un'esigenza imprescindibile, dobbiamo comunicare a tutti ciò che abbiamo da dire, nel nostro modo, e possiamo farlo solo scrivendo. E essere identificati come scrittori è ciò che realmente ci appaga. "

L'attenzione al lettore è massima, proprio perché ci si rende conto dei pregiudizi (molti ancora confondono il selfpublisher con l'EAP) e della sfiducia in un sistema che premia solo chi può investire di più.
Ma i lettori, come Michela Murgia ad esempio, magari non sanno che molti selfpublisher hanno scelto questo strumento perché delusi dall'editoria tradizionale, che non li ha respinti, ma li ha considerati come mero meccanismo per incassare soldi. Il tuo libro può vendere? Allora lo pubblico. E fioriscono fenomeni editoriali come le barzellette di Totti o lo stupidario del momento. Ottime scelte, letteratura e cultura all'ennesima potenza. Poi ci sono i contratti editoriali che vincolano l'autore per 10 anni (contratto standard) e che compensano con un misero 7% sui diritti d'autore. E questo tipo di contratto lo applicano sia le grandi case editrici che le start up. E impongono copertine, editing molto spesso discutibili, distribuzione altilenante e nessuna promozione per l'autore. Uno scrittore selfpublisher sceglie la libertà di decidere quando, come, dove a quale prezzo e con quale vestito pubblicare e divulgare il suo libro. E sceglie di tenersi il 100% dei suoi diritti d'autore, perché è lui, l'autore.

Certo, ci sono molti scrittori di narrativa che approfittano di situazioni come Liberos a loro esclusivo vantaggio. Allora facciamo da filtro, scegliamo strumenti di garanzia, ma, per cortesia, non generalizziamo.
Stanno nascendo movimenti culturali che vogliono regolamentare il fenomeno, che vogliono far sì che quella selezione naturale che prima o poi arriva sempre, giunga prima. E questo sarà un bene, per gli scrittori e per i lettori in primo luogo. Il sogno di avere una casa editrice che proponga un contratto, in questo momento storico, deriva proprio dal fatto che siti come Liberos applicano censure come queste. E allora ricorrere all'editoria tradizionale risulta ancora essere l'unica garanzia possibile per il lettore. Ma non è così. Le cose stanno cambiando. E eventi come quelli di Roma, di cui invito a leggere gli abstract qui e qui o come la Selfpublishing School che il 18 dicembre terrà un evento all'Università di Parma organizzato da Mauro Sandrini, ne sono la dimostrazione. Servono a fare il punto della situazione, a spiegare, a capire, perché neppure a noi scrittori di narrativa piace l'anarchia culturale, ma vorremmo che la democrazia esistesse anche tra i lettori.

Sed

domenica 2 dicembre 2012

30 novembre 2012. A Roma è di scena il "selfpublishing" # 2

Cetta De Luca e Roberto Tartaglia





Il 30 novembre si è svolta la serata conclusiva del doppio evento "Gli scrittori sperduti nell'isola che non c'è. Come orientarsi nel mondo dell'editoria e del selpublishing". Gli argomenti trattati erano, forse, quelli che in questo momento più interessano gli scrittori indipendenti, Indie, che si autopubblicano, i slefpublisher insomma. Si è parlato di promozione, ma, nello specifico, la domanda pressante è stata: "Come arriviamo al lettore? Come possiamo farci riconoscere come scrittori?".

Il primo punto trattato è stato proprio quello che riguarda la CREDIBILITA'. Una casa editrice difficilmente punta sullo scrittore esordiente, a meno che non sia presentato, magari trovato proprio sugli scaffali delle librerie digitali, insomma, ci vuole fortuna. E allora che fare? Perché mai un lettore dovrebbe acquistare il libro di uno sconosciuto, quali garanzie ha di non ritrovarsi tra le mani solo una bella copertina (quando è bella) e un contenuto privo di sostanza? Perché le case editrici lo hanno rifiutato? In realtà il lettore non sa quali percorsi il selfpublisher ha fatto per giungere alla conclusione di autopubblicarsi. Magari ha rescisso un contratto limitante, magari era in cerca di maggiore libertà, magari non ce la faceva ad attendere anni per un responso. Ma tutto questo il lettore non lo sa. Perché non conosce lo scrittore, non sa chi sia, quale è la sua cifra. Roberto Tartaglia ha cominciato a parlarci di Personal Reputation.

La promozione di un libro, la grande distribuzione online, l'autopromozione.
La credibilità di uno scrittore si costruisce partendo dalla sua capacità di essere se stesso. Tutto deve partire da un blog, un sito, il luogo in cui egli si racconta, con verità, perché solo così sarà in grado di difendere sempre ciò che scrive. Chi recita un ruolo viene smascherato subito. In quel luogo virtuale lo scrittore parla dei suoi libri, solo lì. E invita i lettori ad andarlo a trovare. Con un link accattivante.
Ci sono poi le piattaforme di distribuzione. Amazon e Apple non sono in discussione vista la diffusione mondiale che hanno. Ma sono dei megastore, come andare al supermercato e trovare libri tra l'ortofrutta e i surgelati. Troppo dispersivo come sistema. E infatti le promozioni in questi store online lasciano il tempo che trovano. Gratuità, noleggio, prestito, sono tutti strumenti che fanno oscillare le classifiche di visibilità (non parliamo di quelle di vendita) nello spazio di pochi minuti, per cui la loro validità è quantomeno discutibile. Ma bisogna esserci. Le piattaforme più di settore, quelle specializzate in libri, sono decisamente più valide. Quindi bene Narcissus, Youcanprint, Ilmiolibro, anche se distribuiscono veramente tanto e non è facile uscire alla ribalta ma offrono un ottimo servizio editoriale, o novità più di nicchia come Bookolico che, a differenza degli altri, sono a canale unico e si definiscono "librai", quindi in grado di offrire una vetrina più consona agli scrittori, come nelle migliori librerie indipendenti.
L'autopromozione deve essere un mix di tutto questo. Ci si pubblica sulla piattaforma di preferenza, si scelgono le parole chiave per essere identificati nella nostra nicchia di mercato (questo è fondamentale) e si comunica tutto questo sul nostro sito. Da qui si parte per viaggiare nei social network, perché i lettori sono lì, e non solo loro.


 
                                                                                                             

I social, le nuove realtà virtuali, incontrare i lettori. Le newsletter e i newsradar.
I lettori si incontrano sui social, e questa è una realtà. Su twitter si incontrano gli intellettuali, i grandi lettori, i giornalisti, i blogger, le case editrici. Su facebook si incontra la gente, quella che i libri li compra, nelle librerie e negli store online. In genere si comincia con la propria ristretta cerchia di amici e si comunica a tutti la novità del blog e del libro pubblicato. Poi si cercano i gruppi e le pagine (su Facebook) o le #storie, gli hashtag di interesse su twitter. E lì si parla. E i linguaggi sono, devono essere diversi, perché il pubblico è diverso, lo spazio è diverso. Su twitter si impara la sintesi (solo 140 caratteri per essere incisivi senza snaturare il messaggio), su Facebook si impara la dialettica. Ma bisogna sempre ricordare che lo scopo è quello di portare  tutti nella nostra casa, il nostro sito. Lì lo scrittore si esprime, lì lo si può conoscere. Ma ancora non stiamo parlando del libro, di quell'oggetto, di carta o digitale che tanto vorremmo fosse letto.
Se fin'ora si è fatto tutto nel modo giusto, siamo stati identificati, abbiamo creato la nostra personalità, cominciano a seguirci, può capitare che, nel preciso istante in cui si osa comunicare che abbiamo scritto un libro improvvisamente cala un imbarazzato silenzio.
Bisogna entrare nel mondo reale. Che poi reale non è, nel senso che queste realtà nuove sono anch'esse virtuali, ma ci sono le persone che ci interessano di più, quelle che possono affermare che noi siamo scrittori a tutti gli effetti. Abbiamo parlato di Book Blogger e di Social Reading.
Il più innovativo esempio di Social Reading è LibriamoTutti in Second Life. Giovanni Dalla Bona, uno degli ideatori e fondatori, ci ha mostrato un filmato in cui, in un'isola dagli scenari fantastici e cangianti a seconda delle situazioni, è possibile ricreare ambientazioni che, addirittura, fanno vivere al lettore l'esperienza/libro come se ci fosse caduto dentro. Gli ospiti sono avatar e si collegano da ogni località per partecipare ad esperienze di lettura condivisa o a presentazioni di nuove pubblicazioni. La possibilità di dedicare momenti di lettura, consigli di lettura per meglio dire, appositamente dedicati ai selfpublisher c'è. Si devono studiare bene i meccanismi per far sì che non si crei quella situazione di massificazione per cui chiunque vuol essere letto, raccontato, celebrato senza alcun criterio di selezione.
La Book Blogger Simona Scravaglieri (http://letturesconclusionate.blogspot.it/) è una che di libri ne capisce. E ne legge, tanti. E li recensisce. Ecco, questa è la situazione perfetta, quella in cui una grande lettrice, seguita, i cui consigli di lettura sono presi in considerazione, legge il nostro libro autopubblicato e scrive una recensione sul suo blog. No. Non funziona proprio così. Una book blogger è una lettrice, e come gli altri deve riconoscerci come scrittori. L'unica differenza è che il book blogger sa che esistono i selfpublisher e sa che prima o poi ne leggerà un libro. Allora come farglielo avere prima? Si regala, per esempio. E si evita di pressare dopo la prima mezz'ora per sapere come va, se piace, se si sta scrivendo la recensione. Una pressione del genere equivale allo spamming sui social: deleteria e controproducente. C'è assolutamente la possibilità di essere letti e recensiti da un book blogger, non ci sono particolari pregiudizi in tal senso, ma bisogna armarsi di una grande dose di umiltà e di cortesia. L'arroganza è l'unico strumento che non premia, mai.

Facciamo un attimo il riassunto di quanto discusso in uno schema:

Facciamoci conoscere
Credibilità = Verità
Verità = Blog o sito personale
Blog = Luogo in cui abitano i nostri scritti, i nostri libri
Social = luoghi dove incontrare i lettori e gli intellettuali
Piattaforme di distribuzione = Visibilità e mercato di nicchia
Personal Reputation = Il risultato che si ottiene mescolando e utilizzando al meglio gli strumenti suddetti

Facciamo conoscere il nostro libro
Social reading = incontriamo i lettori
Book Blogger = incontriamo gli esperti

Infine, ma non ultimo per importanza, lo strumento più potente per la promozione di un selfpublisher, e non solo, perché qualunque scrittore ne ha bisogno. Il passaparola.
Roberto Tartaglia e Cetta De Luca hanno raccontato la loro personale esperienza con la newsletter e i newsradar. La prima, legata necessariamente al sito dello scrittore, ha lo scopo di fidelizzare i lettori con contenuti speciali a loro dedicati, informazioni, notizie e quant'altro graviti intorno alla attività stessa dell'autore, ai suoi libri. Invitare i lettori a far parte di una community elitaria è il primo importantissimo passo per avere un personale gruppo di PR, fedeli e entusiasti.
Il newsradar è uno strumento piuttosto nuovo ma con un potenziale enorme. I più noti sono Paper.li, una sorta di giornale personale con il quale condividere sui social le notizie di altri portali, siti o blog online suggeriti automaticamente, e Scoop.it, stesso tipo di giornale online che però permette di scegliere cosa condividere e dà la possibilità di inserire i propri editoriali, articoli, link dal proprio blog. Questa condivisione aumenta la visibilità sui social in modo esponenziale, perché la pubblicità reciproca fa sì che la promozione diventi virale.
A conclusione dell'evento è stato pubblicato online su Bookolico il libro Alla ricerca di Capitan Uncino, primo progetto di scrittura condivisa dagli Scrittori sperduti nell'isola che non c'è. I proventi andranno in beneficenza. Vogliamo regalare una biblioteca virtuale a un reparto pediatrico. Perché i libri fanno crescere meglio e, a volte, guariscono.
Sed